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lunedì 5 aprile 2021

Quale parte del Corpo di Cristo si mette in bocca con L'Eucaristia?

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Carissimi fratelli illuminati cristiani,
Vi scrivo a nome di un gruppo di persone che, come Voi, cerca con umiltà di comprendere gli insegnamenti e la natura di Dio. Nonostante la nostra devozione (basti pensare che il fondatore del gruppo si fa chiamare Rosario) ci rendiamo conto di quanto sia lunga la strada che abbiamo ancora da fare. Non intendiamo quindi peccare di superbia e riconosciamo la maggior profondità e il maggior valore delle Vostre conoscenze in materia, e ne approfittiamo per ringraziarvi dei Vostri preziosi insegnamenti che tante volte ci hanno guidato ed ispirato.

Data la Vostra esperienza, vorremmo sottoporvi un dubbio ancora irrisolto che spesso riaffiora nelle nostre discussioni, sperando che possiate illuminarci. Precisamente, quale parte del corpo di Cristo va in bocca durante la Comunione?

Vi ringraziamo e vi mandiamo tanta benedittanza,
Kirill, a nome di "Discussioni Inerenti Ontologia del Creatore ed Associati Nobili Esseri".
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Stimatissimi fratelli in Cristo,
grazie delle vostre espressioni di apprezzamento, che noi tutti Illuminati ricambiamo di cuore e con amicizia.

Il vostro quesito rivela una speciale attenzione a tematiche di altissimo spessore dottrinale, che sinora nessun esegeta per quanto preparato aveva mai osato affrontare. Si tratta di arrivare sino al dettaglio ultimo dell'ermeneutica cristiana, di analizzare nel profondo le Verità della Fede come mai era stato tentato. Ebbene, è una sfida, e io l'accetto!

Per arrivare a dirimere la questione dovrò partire dai fondamenti, quindi abbiate pazienza se il discorso sarà complesso ed articolato. Semplificazioni, ad una tale profondità di indagine, non se ne possono fare.

La Bibbia ci parla di due tipi di manifestazione divina: la teofania e l'epifania. La teofania è una manifestazione della potenza di Dio, tramite un angelo svolazzante, per esempio. L'epifania è una manifestazione diretta di Dio. Va da sé che l'epifania necessita di un'enfania: Dio deve legarsi a un segno che renda efficace ed accessibile la sua venuta. Gesù Cristo, viva enfania di Dio, si manifesta presso gli ebrei che senza tanti complimenti lo inchiodano alla croce.

Gesù prontamente inchiodato alla croce, attività per cui si è incarnato

Ma cos'è, in definitiva, un'enfania? È una manifestazione soprannaturale entro una forma che esplichi adeguatamente il contenuto veicolato. Il Sacramento è enfania di Dio: nel segno dell'acqua, del pane, del vino, e del salame se volete, Dio agisce realmente, efficacemente, volontariamente e amorevolmente su chi a Lui nel segno sensibile si relaziona.

Si giunge così all'ipostasi, che è l'enfania personale, cioè entro un'altra persona. Florenskij definiva la persona principio di identità, l'ipostasi principio di alterità: ciò significa che la persona nell'ipostasi è se stessa, ma ciò in virtù di un'alterità: dall'umanità di Gesù trapela la Sua divinità, impostando correttamente lo scappellamento in polarizzazione circolare.

Occorre precisare inoltre che ci sono due tipi di ipostasi: l'ipostasi sostanziale, in cui la persona che funge da ipostasi è unita a quella ipostatizzata da stretti legami ontologici, relazionali e sostanziali, e l'ipostasi funzionale: una o più persone ipostatizzano un'altra in virtù di qualche loro funzione, ministero particolare o titolo, come, ad esempio, il sacerdote durante la celebrazione dei Sacramenti, che diventa ipostasi funzionale di Gesù Cristo, proprio come se fosse antani.

Ebbene, dal giorno della Sua Resurrezione e Ascensione al Cielo, l'unica, piena, assoluta e certa presenza di Cristo nel mondo è l'Eucaristia, piena enfania del Signore. La Chiesa, Corpo mistico del Signore, è parimenti ipostasi di Cristo, ma essendo ipostasi funzionale e non ancora sostanziale (dal momento che non siamo ancora resuscitati alla Vita eterna, andate avanti voi che a me vien da ridere) non gode della totale identità personale e pienezza sostanziale con Gesù di cui gode ogni Ostia consacrata presente sulla Terra.

Nel momento in cui il sacerdote, ipostasi funzionale di Gesù, pronuncia le parole della consacrazione: "Questo è il mio Corpo", si riattualizza il prodigio che duemila anni fa si compì nel grembo della Vergine Maria; e alle parole: "Questo è il mio Sangue", si spalanca davanti a noi una finestra sul Golgota, e veniamo irrorati del Sangue divino (che come sappiamo dalle analisi sulla Sindone, è del gruppo AB positivo, quindi attenzione alla compatibilità prima di irrorarvi). Corpo e Sangue: entrambi, per la divina Resurrezione di Gesù, vivi della Vita personale e intenzionale del Cristo, presente in entrambi i segni con tutto il Suo corpo pneumatico glorioso (Bridgestone raccomanda per il corpo pneumatico di Cristo di regolare la pressione a 30 psi ovvero circa 2,1 bar nel sistema mks) e al contempo immolato (Ap 5, 6-10), tutta la sua psiche oblativa, tutta la sua divinità.

A questo punto occorre una distinzione terminologica essenziale: come disse Goethe, "il simbolo sta all'allegoria come il volto al teschio"; laddove il simbolo unifica e riempie di significati, l'allegoria produce un vuoto, fa comprendere una distanza incolmabile, evidenziata dalla stessa figura allegorica, tra il significato e il significante, tra la fava e la rava.

Il fatto è che, nella consacrazione eucaristica, non ci sono più due piani da mettere in connessione armoniosa, ma ne rimane uno! In altre parole, non c'è più un pane e la Persona viva e attiva di Cristo, ma rimane soltanto la Persona di Gesù, e il pane viene meno come esistenza, rimanendo come semplice forma. La certezza di questo rovesciamento ontologico ci è data dalla parola dello stesso Gesù, e dalla testimonianza dei primissimi cristiani, nonché di molti Santi e non ultimo dallo Chef Rubio.

Chef Rubio, massima autorità in materia di cibo, prega e medita sull'ontologia del pane eucaristico

Quindi l'Ostia consacrata non è simbolo del Corpo del Signore vivo e immolato al contempo, ma è lo stesso Corpo! Lo riconosciamo dall'inconfondibile gusto di lonza spadellata.

Padre Silvano Fausti, nella sua esegesi del Vangelo di Marco spiega in che modo il Corpo vivo e immolato del Signore è celato nel Pane eucaristico: I semiti non bevono sangue. È vita, e appartiene solo a Dio. Chi prende e mangia il corpo del Figlio, beve la vita di Dio: ha il Suo Spirito. (Ricorda e racconta il Vangelo: Marco). I popoli semiti si rifiutano di bere il sangue e di mangiare cibi cruenti: Gesù ha sancito le forme sacramentali (dunque incruente) per non scandalizzare i suoi, che erano ebrei! I sacramenti sono tali per permettere ai semiti, e dunque agli ebrei, di accedervi senza violare la legge mosaica! Ancora una volta traspare l'infinita condiscendenza di Dio, che si abbassa al livello dei pecorai ebrei per permettere agli uomini di accostarlo.

Attenzione: bere il sangue denota un'attitudine malvagia!

Finalmente siamo arrivati al punto in cui il dettaglio dell'analisi può approdare all'oggetto della questione.

Qual è dunque la parte del corpo di Cristo che si sostanzia nella particola, e va nella bocca del fedele?

Poiché, come ampiamente discusso e mostrato sopra, il sacramento della Comunione è stato ideato da Gesù con lo scopo di creare un tramite tra Lui stesso e i fedeli, mantenendo un paradigma che fosse più familiare possibile rispetto alle usanze della popolazione, nella particola si devono trovare le parti del corpo umano che tutti, chi più e chi meno, siamo abituati a prendere in bocca, senza minimamente per questo sentirci cannibali, ovvero il pene e le mammelle. Di Gesù sappiamo che si fece uomo, e non donna (cosa certissima poiché abbiamo ben diciotto suoi prepuzi come reliquia, come recentemente spiegato dall'Illuminato Tancredi); perciò stiamo parlando del pene di Gesù.

Ora, per quanto detto sopra, il cristiano che si comunica e mangia la particola non deve provocare un dolore a Gesù. Ci hanno insegnato infatti fin da piccoli che la particola non si mastica! Essa va deglutita tutta intera nonostante tenda ad incollarsi al palato e si trasformi in una specie di crema vischiosa. Ed è proprio per esercitare i bambini e le bambine ad eseguire correttamente l'atto della Comunione che alcuni sacerdoti particolarmente solerti si prestano, qualora sollecitati dai marmocchi stessi, a permettere loro di prendere in bocca il proprio membro virile e di stimolarlo fino all'emissione spermatica, cremosa e abbondante, che i fanciulli bevono avidamente.

L'emissione spermatica dunque è il modello della particola. Come può essere? Può, se consideriamo che nell'Eucaristia interviene lo Spirito Santo. Infatti il sacerdote, nella celebrazione eucaristica, chiede al Padre di mandare lo Spirito Santo a santificare i doni offerti dai fedeli perché diventino il Corpo e il Sangue di Cristo. E lo Spirito Santo è un'entità assolutamente fluida e incorporea. Mai gli è stata attribuita un'apparenza diversa da quella di puro liquido seminale, come nell'occasione in cui ebbe a fecondare la Vergine Maria (senza penetrazione, perfetta antifona delle moderne tecniche di inseminazione artificiale)!

Inoltre, abbiamo visto sopra che i semiti non mangiano carne e non bevono sangue, e questo rafforza l'assunto che la parte in questione deve essere il pene; infatti noi con l'eucaristia prendiamo il corpo e il sangue di Cristo dentro di noi senza mangiarlo. Quale è la parte di corpo che può entrare in noi senza essere ingerita? Quale parte è gonfia di sangue senza rilasciarlo (a meno che non venga morsa, disdicevole incidente)? Appunto il pene o la mammella. Ma noi ci nutriamo dell'essenza della vita di Cristo. Ora, se Cristo fosse stato donna sarebbe stata la Sua mammella a nutrici e donarci la vita, ma sarebbe stato un dono imperfetto in quanto nutrimento privo di forza vitale (per ricevere da un'eventuale figlia di Cristo il dono vitale, avremmo dovuto suggere da un lato il latte, dall'altro il sangue ovulato contraddicendo però all'esigenza semitica di non bere sangue: è per tale motivo che Dio, pur essendo ovviamente femminista ha optato per mandarci, suo malgrado, un figlio maschio), invece è proprio il seme maschile, ovvero "l'acqua di vita" più volte citata dalle scritture (Gv 4, 5-42), che porta in sé contemporaneamente vita (fecondità) e nutrimento perfetto almeno quanto il latte materno; contiene infatti, fra le altre cose: fruttosio, proteine, calcio, acido citrico, magnesio, vitamina B12, fosforo, sodio, potassio, vitamina C - insomma, quel nutrimento fisico che, nella transustanziazione, diviene nutrimento dell'anima tanto quanto gli spermatozoi divengono la vita stessa dell'anima.

Vedete cari amici che, passo passo, l'esegesi diviene precisa, chiara, lampante. È così che si procede quando si fa Teologia di alto livello, ma so che sto parlando a menti brillanti! È stato un piacere per me ragionare su un argomento di così alto profilo teologico, spero di sentirvi nuovamente con altri spunti interessanti.

Che la benedittanza del Signore vi ricopra e vi penetri completamente,
Moreno

2 commenti:

  1. La transustanziazione è una forma di miracolo che secondo il cristianesimo avviene ogni volta che si celebra la messa, e consiste nel cambiamento della «sostanza-essenza» che rende tali pane e vino, con la sostanza-essenza del corpo e sangue di Gesù Cristo. È come se una statua diventasse vivente: la sua sostanza materiale, pur rimanendo tale, sarebbe sostituita e animata da una sostanza vitale, la vita sarebbe la sua nuova essenza. Così la sostanza del pane e del vino diventa accidente della nuova sostanza del corpo completo e vivente del Cristo.

    Evidentemente dobbiamo tener presente che il corpo del Cristo dopo la resurrezione è un corpo glorioso e pneumatico, come dice S.Paolo, per cui non lo si deve intendere in maniera letterale come se dovesse riproporsi in maniera fisico-chimico nel pane. Ciò che cambia è l'essenza, la ragione e la destinazione del pane e del vino, dalle quali scaturisce sul piano della fede un rapporto nuovo e sacramentale col mondo, in forza della parola «creatrice» che il Cristo pronunzia nella persona del sacerdote. L'eucarestia perpetua e riattualizza il dono che Gesù fece di se stesso ai suoi amici o discepoli, affinché attingessero energia per poter vivere pienamente il comando di amare Dio e gli altri, che è un comando per chi lo vive fino in fondo duro e difficile. E c'è bisogno, per viverlo, di un nutrimento particolare che è appunto l'essere di Cristo nella forma eucaristica, in analogia a quanto dice S.Paolo ai Filippesi, della prima incarnazione di Gesù Cristo: apparso in forma umana (Fil. 2,7).

    Sarà poi vero che lì nell'eucarestia Gesù ogni volta consegna se stesso a nutrimento del suo discepolo? In fin dei conti Gesù ha detto: in «memoria» e la memoria è un semplice «ricordo» di un avvenimento passato, come si ricorda il primo giorno di scuola, che rimane un fatto del passato. Ma il termine memoria (o memoriale) non ha solo questa valenza e significato.

    «Memoria-ricordo» in ebraico si dice «zikkaron», come si legge in Esodo (12,14): «Questo giorno sarà per voi un memoriale (zikkaron)». In greco il termine usato è «anàmnesis», la vulgata latina traduce con «commemoratio», vedi 1 Cor. 11,24 e Lc. 22,19. Esodo fa da apripista alla comprensione del significato che anche oggi gli si dà nell'eucarestia. Il termine zikkaron (memoriale) indica qualcosa di più e di diverso di un semplice ricordo del passato, per gli ebrei vuol dire un fatto passato che si fa presente, rivive e si ripropone nell'oggi. In italiano è stato ripreso questo concetto: il memoriale è render presente qui e ora un fatto passato. Così nella liturgia eucaristica cristiana il memoriale è ritenuto attualizzante il fatto ricordato: lo ripropone, con i suoi frutti e le sue grazie che sono disponibili per i partecipanti al rito, allo stesso modo che li ebbero i discepoli nell'ultima cena.

    Come possiamo comprendere questo vero mistero della fede? Innanzi tutto è esatto quello che dice il lettore: «Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso» (Ebr. 7,27). Ma è proprio questo che rende continuamente ripetibile il gesto, perché è «eterno» e dunque unico ma sempre attuale. Nella Bibbia si legge che tutto quanto Dio opera è eterno, nel senso che è un qualcosa che rimane costante in tutto l'evolversi temporale del creato. Questo vuol dire «fare memoria» o memoriale: riattualizzare l'avvenimento che si vuol appunto rivivere.

    Gesù dunque dice quello che oggi la chiesa intende e che ha sempre ben inteso: il Cristo è sempre presente nella sua chiesa, è il capo, e quel suo farsi presente nelle sembianze del pane e del vino è possibile proprio perché è eterno, e la chiesa attinge alla Sua eternità per far rivivere sull'altare, e mensa dei fedeli, il corpo e il sangue del suo Signore ogni volta che celebra l'eucarestia.

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